I’m no superstitious, I have no doubt
That there’s a reason, how things turn out
While things are changin’ from day to day
I’ll keep this feelin’ with me all the way
Europe – Supersticious
Premessa: io non sono superstizioso… anzi, diciamo pure che le persone superstiziose mi infastidiscono alquanto… se a questo aggiungiamo la mia natura ‘bastiancontraria’ ed il mio smodato gusto per la dissacrazione, non si dovrebbe fare fatica ad immaginarmi che passo di proposito sotto una scala ogni volta che mi si presenta l’occasione, inseguo gatti neri affinché mi attraversino la strada e rompo specchi con inusitata leggerezza.
Era la primavera nel 1993, avevo preso la patente da qualche mese. Di tanto in tanto, riuscivo a convincere mia madre a prestarmi la sua macchina per andare a scuola, la pacheggiavo davanti alla finestra della mia classe (che stava al piano terra) ed entravo direttamente da lì… un gesto da sbruffone… ci mancava solo che dicessi:
La mia giacca di pelle di serpente rappresenta la mia individualità, è la mia fede personale nella libertà.*
Era una delle primissime giornate raggianti di primavera, di quelle in cui non c’è una nuvola, il cielo è di un blu compatto e si ha l’irrefrenabile istinto di arrotolare le maniche della camicia perché comincia a fare caldo.
Davanti al portone della scuola, mentre ero ancora in macchina, vidi il Marchese. Ci bastò uno sguardo e capimmo che la pensavamo allo stesso modo: eravamo giovani, ormonati e motorizzati… non potevamo sprecare quella giornata andando a scuola. Molto meglio andare sul lungomare a fare i cretini con le patatine che avevano avuto la nostra stessa pensata.
Sì, non c’erano dubbi… quella era una giornata da intorto spinto… ma c’è solo una cosa che, a quell’età, ha la priorità persino sulla vulva: una massiccia dose di zuccheri.
C’era un bar in mezzo al nulla, si chiamava La Cittadella ed era gestito dal padre della mia amica I.; come faceva un bar in mezzo al nulla a fare affari? Semplice: faceva il gelato più fottutamente buono dell’intero universo… pochi gusti, ma incommensurabilmente buoni…
Non ci si poteva arrivare direttamente con la macchina, era necessario fare un pezzo a piedi. Una volta arrivati in questo immenso parcheggio costruito in mezzo al nulla (una delle tante cattredrali che abbelliscono il panorama del Mezzogiorno d’Italia), il Marchese si offrì volontario di fare lui il pezzo a piedi.
Rimasi in macchina ad ascoltare la radio e a perdermi con lo sguardo in quel cielo così limpido.
D’un tratto, nel pacifico silenzio del nulla, tuonò una voce cantilenante:
“Ciao bellu fijiolo… tanda gioia e tanda furtuna…”
Era una zingara completamente vestita di nero, dall’età indefinibile, teneva nella mano sinistra un mazzetto di santini e con la destra me ne mostrava uno raffigurante Sant’Antonio da Padova.
Velenero: Ehm… grazie…
Zingara: Facci ‘n’offerta a Sand’Andonio, bellu fijiolo… ca ti porta tanda gioia e tanda furtuna…
Velenero: Lo farei molto volentieri, ma sono uno studente… non ho soldi…
Intanto maledicevo il Marchese per essersi offerto volontario.
Z: Dai, nun ti fare pregà… facci ‘n’offerta a Sand’Andonio ca ti tiene sempre in salute e allondana tutt’ le malatie…
V: Sì… ne sono certo… ma, come le dicevo, non ho soldi… sono uno studente…
Le invettive contro il Marchese diventavano più potenti… perché cazzo ci stava mettendo così tanto?
Z: Vabbè… nun ci vuoi fare l’offerta a Sand’Andonio… allora damm’ la mano ca ti leggo lu futuru…
V: Guardi, la ringrazio, ma io in queste cose non ci credo… quindi… faccia come se avessi accettato…
Z: Ma che è? Tieni paura ca ti taglio la mano? La zia è buona… la zia ti vuole tando bene e ti porta tanda gioia e tanda furtuna… facci ‘n’offerta a la zia, ja…!
V: Ehm… uh… sono lusingato dall’affetto che lei nutre nei miei confronti, nonostante io sia un perfetto sconosciuto… ma, le ripeto: non ho soldi…
Z:…
Attimo di silenzio. E’ fatta! – penso – Adesso si leva dai coglioni!
Z: Non ci vuoi fare ‘n’offerta a Sand’Andonio?
V: no…
Z: …
Silenzio.
Z: Non ci vuoi dare la mano a la zia ca te la leggo?
V: NO.
Z: …e allora pìglite tutta la sventura ca ci sta in questo posto! Tiè! Tiè! Tutt’a te!
Si accompagnava con gesti delle mani, mimando l’atto di raccogliere qualcosa d’invisibile per poi gettarmelo addosso.
Fatto ciò, si allontano con passo lento.
Dopo qualche istante, tornò il Marchese con due coppette di gelato.
V: Quanto cazzo ci hai messo?
M: Non aveva il resto… ha dovuto forzare lo sportellino del videogioco che ha nel bar e mi ha dato il resto di 10000 lire in monetine…
V: Ah…. figata! Quindi adesso ogni tuo movimento sarà accompagnato da un simpatico *truc truc*…!
Mentre mangiavamo il gelato seduti in macchina, con gli sportelli spalancati e la radio a palla, raccontai al Marchese del mio incontro con la zingara.
M: Maddài! E alla fine ti ha pure lanciato una maledizione…?
V: Aahahahahah! Sì…! Dovevi vederla come si affannava a raccogliere tutta la sventura nell’aria per poi lanciarmela addosso…!
M: Aahahahahah! Cazzo! Quanto avrei voluto assistere a questa scena…!
V: Aahhahaha!
M: Ahahahaha!
Finito il gelato, accendo la macchina, faccio per ingranare la prima… e la leva del cambio mi rimane in mano, completamente divelta.