La mia collaborazione con un’associazione di volontari che si occupa di bambini con disturbi della personalità era cominciata per caso. Un amico mi aveva chiesto di fare il montaggio di certi filmati al posto suo, perché oberato d’impegni, ed io avevo accettato senza sapere di preciso a cosa avrei lavorato.
Alcuni di quei filmati mi avevano scosso; finché non le vedi, certe cose non riesci ad immaginarle.
Quelli dell’associazione rimasero molto soddisfatti del montato, insistettero per pagarmi anche se non volevo… e io, con quei soldi, feci una donazione all’associazione.
Da allora mi chiamarono diverse volte e mi trovai anche a lavorare direttamente coi bambini: filmare le attività di gruppo per mostrare in congressi internazionali gli sviluppi delle varie terapie. In mia presenza i bambini sembravano normali (che brutta parola “normale”!), alcuni vivaci, altri più riservati. Non mi è mai capitato di assistere di persona ad attacchi convulsivi o cose del genere, li ho solo visti in video… e comunicano un disarmante senso di impotenza.
I bambini si affezionarono progressivamente a me, in particolare Matteo e Valeria… entrambi avevano una brutta storia alle spalle… ma il loro progressi facevano ben sperare. Sicuramente Valeria era il caso più complesso di tutto il gruppo, uno dei medici mi aveva detto che le sue crisi erano violentissime ed avevano effetti devastanti… una volta avevo sentito le due addette alle pulizie riferirsi a lei chiamandola “l’indemoniata”… pensai che, tutto sommato, è una fortuna vivere nel XXI secolo.
Mancando pochi giorni a Natale, pensai che sarebbe stato carino andare a salutare, visto che avrei passato un po’ di tempo fuori città. Un saluto ai medici, agli infermieri, ai volontari e, infine, ai bambini.
Matteo mi chiese se stavo partendo per sempre o se sarei tornato, lo rassicurai dicendogli che mi avrebbe rivisto tra un paio di settimane; poi passai a salutare Valeria.
La trovai deperita rispetto all’ultima volta che l’avevo vista… doveva aver avuto uno dei suoi attacchi di recente.
“Ciao, Valeria. Sono passato a salutarti…”
Lei mi guardò. “Sei arrabbiato?” chiese.
“No… – risposi pensando che si riferisse a lei – perché dovrei essere arrabbiato…?”
“Tu sei arrabbiato… – disse sorridendo – …con tanta gente… si vede…”
Pensai che era la conferma che i bambini problematici hanno una sensibilità molto più sviluppata del normale e certe cose le percepiscono in maniera inconscia… tanto valeva smettere di negare.
“Sì, Valeria… sono un po’ arrabbiato con delle persone… ma non con te…”
“Lo so… – disse accompagnandosi con un gesto affermativo della testa – …ma non devi essere arrabbiato, ti fa male…”
Le feci un sorriso. “Sì, vero… ma poi la rabbia mi passa…”
“Non è vero… – disse ridendo – quando sei venuto qui a fare i film eri già arrabbiato… e non ti è passata…”
Non male per una nanetta di nove anni…! Non sapevo che dire… le feci un sorriso e lei mi fece una domanda da un milione di dollari.
“Perché non fai la pace…?”
“Perché certe volte non è così semplice fare la pace…”
Mi stavo fregando con le mie stesse mani… avevo appena innescato il circolo vizioso dei “perché”… che è già micidiale quando è fatto da un bambino “normale”… figurarsi se a farlo è una bambina con disturbi della personalità.
“Sì che è facile…! Tu vai da chi ti ha fatto arrabbiare e gli dici Pace? E poi stai bene…”
Pace? Quattro lettere e un punto interrogativo.
“Sai che hai ragione?” dissi. E non era per assecondarla… Valeria aveva davvero ragione.
Tornato a casa, accesi il computer e scrissi una mail.
Ciao XXXX,
di recente mi sono trovato a pensare a te.
Spero che tu stia bene e ti faccio tanti auguri (laici e sinceri) di buon natale.
Paco